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Piero di Cosimo (1462-1522) – Pittore “fiorentino” eccentrico fra Rinascimento e Maniera

23 giugno – 27 settembre
http://www.polomuseale.firenze.it/

Genio eccentrico del Rinascimento fiorentino, Piero di Cosimo è una figura quasi sconosciuta, nonostante l’apprezzamento dimostrato dalla critica e l’ampio catalogo di dipinti di tema sacro e profano oggi conservati in musei e collezioni di tutto il mondo. Figlio di un fabbro di nome Lorenzo, Piero compì il proprio apprendistato nella bottega del pittore Cosimo Rosselli, affacciandosi nella scena artistica negli anni in cui Lorenzo il Magnifico era alla guida di Firenze e in città erano attivi pittori eccellenti, da Botticelli a Filippino Lippi, da Ghirlandaio a Leonardo da Vinci, mentre dalle Fiandre giungevano opere d’arte eseguite dai maestri fiamminghi altrettanto straordinarie.
Da questo coacervo culturale Piero elaborò un linguaggio originalissimo, improntato ad una acuta osservazione del naturale, che rivela affinità con i pittori d’oltralpe e Leonardo da Vinci, attraverso il quale modelli compositivi e tipologici tradizionali assumono connotazioni insolite straordinarie. Dell’originalità della pittura di Piero, Giorgio Vasari sembra trovare un corrispettivo nella biografia del maestro che egli descrive come un uomo poco socievole, assorto nella contemplazione della natura nei suoi aspetti più selvaggi e inconsueti, dalla quale traeva l’ispirazione per invenzioni fantastiche tradotte in pittura o per la realizzazione di bizzarri carri allegorici per sfilate oggi perduti, ma decantati dai suoi contemporanei. Scarsi sono i dati biografici noti sul maestro; nato nel 1462, nel 1482 risulta iscritto alla Compagnia di San Luca, mentre si immatricola all’Arte dei medici e degli speziali nel 1504. La ricostruzione del suo percorso artistico ruota intorno a poche opere documentate, come la Visitazione eseguita per la cappella Capponi nella chiesa di Santo Spirito (1489-1490), oggi alla National Gallery a Washington, la Sacra Conversazione commissionata da Piero del Pugliese (1491-1493) per l’Ospedale degli Innocenti, il dipinto raffigurante Perseo e Andromeda oggi agli Uffizi, parte dell’arredo della camera del palazzo di Filippo Strozzi eseguito intorno al 1510, tutte presenti in mostra.

L’esposizione, la prima retrospettiva monografica dedicata a Piero di Cosimo, presenta dunque attraverso un ordinamento cronologico il catalogo del maestro, dove, accanto ad imponenti pale d’altare, si incontrano numerosi ‘tondi’ di destinazione domestica, particolari e misteriosi dipinti di tema profano, commissionati dalle più colte e raffinate famiglie fiorentine per le loro residenze e straordinari ritratti. Saranno esposti circa quarantacinque dipinti di Piero di Cosimo e una trentina di disegni, capolavori utili per comprendere il percorso creativo seguito dall’artista. Completa il percorso un gruppo scelto di opere di maestri coevi, come Filippino Lippi, Lorenzo di Credi, il Maestro di Serumido, Cosimo Rosselli e Fra’ Bartolomeo in serrato dialogo stilistico o iconografico con Piero, per un totale di circa cento opere.







La collezione delle icone russe agli Uffizi

20-12-2014 | 01-02-2015

http://www.polomuseale.firenze.it

La rassegna è parte integrante del ciclo ‘i mai visti’, che ogni anno offre al pubblico l’opportunità di approfondire temi legati ad opere poco note delle sue collezioni.
La mostra presenta 81 icone delle Gallerie fiorentine, costituenti il più antico nucleo collezionistico di icone russe esistente al di fuori del mondo ortodosso.
I due esemplari più antichi, un’icona mariana e quella raffigurante la Decollazione del Battista, sono databili fra la fine del XVI secolo e l’inizio del XVII e conservano ancora la coperta d’argento, detta oklad, che le rendeva gradite al gusto principesco di casa Medici, trovando posto fin dal Seicento fra le suppellettili della cappella di Palazzo Pitti.
Ad eccezione di pochi esemplari, tuttavia, la collezione giunse a Firenze in epoca lorenese ed è costituita per la maggior parte da icone databili alla prima metà del XVIII secolo; i caratteri stilistici che le accomunano sono tali da far supporre che possano essere state acquistate per piccoli gruppi in qualche bottega provinciale della Russia centrale. S’ignorano gli eventi che hanno portato questa raccolta a Firenze. Una scritta presente sul retro dell’icona con le Storie di Cristo porta a ipotizzare un legame con la chiesa ortodossa della Santissima Trinità di Livorno, eretta alla fine del sesto decennio del XVIII secolo con il favore del granduca Francesco Stefano di Lorena. Nell'ambito della strategia propagandistica messa in atto da Caterina di Russia durante la guerra con i Turchi (1768-1774), nel corso della quale la flotta russa soggiornò a Livorno, la zarina fece ricorso più volte a doni votivi, tributandoli anche alle comunità ortodosse d'occidente, ed è possibile che la collezione delle icone oggi agli Uffizi si origini in un episodio legato a questo particolare momento storico

Puro semplice e naturale. nell'arte a Firenze tra Cinque e Seicento

17-06-2014 - 02-11-2014
http://www.polomuseale.firenze.it/

Giorgio Vasari nelle pagine delle Vite (1568) assegnava un ruolo fondativo nella ‘rinascita’ dell’arte moderna ai fiorentini Andrea del Sarto e fra’ Bartolomeo, affiancandoli ai triumviri Leonardo, Raffaello e Michelangelo. Eccellente e di elevato ingegno, la loro produzione, incardinata sull’esercizio costante del disegno, si segnalava per onestà d’invenzione e perfetta imitazione della natura, dalla carne alla vivezza degli affetti.

Oltre un secolo dopo Filippo Baldinucci nelle Notizie de’ professori del disegno (1681-1728), confermando il dettato vasariano, vedeva nella fedeltà ai valori espressi da quei capofila di primo Cinquecento la strategia necessaria per superare l’impasse manierista, e al tempo stesso per istituire un linguaggio moderno, aderente alle nuove esigenze spirituali proprie del Concilio di Trento. In questo quadro il registro neorinascimentale di Santi di Tito e di Jacopo da Empoli, insistentemente sottolineato dallo storiografo, costituiva la ragione essenziale per riconoscere a questi due maestri il ruolo di riformatori delle arti figurative a Firenze sullo scadere del Cinquecento. La strenua difesa, al limite dell’autarchia, di una tradizione fiorentina fondata sulla perfetta misura e serena espressività, intimamente confidenziale, interessata alla resa accostante del dato quotidiano, in una semplicità di schemi talora arcaizzante, dalla tecnica pittorica nitida e compatta, avrebbe trovato ulteriori paladini fino alla metà del Seicento, in particolare con l’emblematica personalità di Lorenzo Lippi.

Il gran principe Ferdinando De' Medici (1663 - 1713) Collezionista e Mecenate

25 giugno  - 03 novembre 2013
Firenze, Galleria degli Uffizi

Nel terzo centenario della morte del Gran Principe Ferdinando de' Medici (1663-1713), la Galleria degli Uffizi dedica una mostra a questo importante personaggio che fu tra i principali collezionisti e mecenati d'arte della famiglia granducale di Toscana.

Figlio di Cosimo III e di Marguerite - Louise d'Orléans, Ferdinando coltivò fin da giovanissimo una grande passione per il teatro, la musica e le arti figurative.
La mostra vuole rendere la complessità dei suoi interessi e la novità delle sue scelte che convogliarono su Firenze, allo scadere del Seicento e nel primo decennio del XVIII secolo, i grandi protagonisti di quell'era (musicisti, strumentisti, pittori, scultori).

Il percorso espositivo si articolerà in sezioni che illustreranno le complesse problematiche legate alle scelte culturali di Ferdinando, presentando anche gli edifici nei quali il suo mecenatismo prese vita.
Una sezione introduttiva presenterà il principe in effige e la famiglia d'appartenenza, con opere di Giovan Battista Foggini, Justus Suttermans, Anton Domenico Gabbiani.
La seconda sezione illustrerà gli inizi del mecenatismo e del collezionismo di Ferdinando, esplicitatisi soprattutto nella villa di Pratolino, luogo prediletto dal principe, nella quale, accanto a musici, cantanti, costumisti e compositori, fanno comparsa i grandi scenografi bolognesi, i Bibbiena, mentre la residenza si trasforma nei decori interni e si arricchisce di opere dei pittori preferiti da Ferdinando in quel periodo: tra questi, i toscani, Livio Mehus, Pier Dandini, Domenico Tempesti ma anche 'stranieri' quali il romano Crescenzio Onofri o il padano Cristoforo Munari, tutti impegnati a produrre opere spesso strettamente legate all'edificio e alle attività ludiche che vi si praticavano.
La terza sezione interesserà invece il rinnovamento di palazzo Pitti, del teatro della Pergola e del Duomo fiorentino in occasione delle nozze di Ferdinando con la principessa Violante Beatrice di Baviera (1689). In questo frangente la reggia subì radicali trasformazioni che interessarono il piano nobile, gli appartamenti degli sposi, i mezzanini rinnovati con grande fantasia, documentati in mostra da memorie e disegni preparatori degli artisti che vi lavorarono (Luca Giordano, Diacinto Maria Marmi, Alessandro Gherardini, Giovanni Battista Foggini, Anton Domenico Gabbiani). Al contempo si darà ragione - esponendo disegni e documenti - delle cerimonie e delle feste fiorentine fatte per gli sponsali del principe.
La quarta sezione illustrerà l'interesse sempre crescente del principe per le arti figurative, per la scultura contemporanea come per la pittura, con i principali artefici allora attivi, spesso specialisti nei moderni 'generi' dell'arte tardo - seicentesca quali la natura morta e il ritratto. In questa parte della mostra si vedranno quindi opere sia sacre come profane (di Carlo Dolci, Carlo Loth, Baldassarre Franceschini, il Volterrano), sia di 'natura dipinta' (di Jacopo Ligozzi, Bartolomeo Bimbi, Margherita Caffi, Fardella, Houbracken, Michelangelo Pace da Campidoglio). Non meno interessante, la presenza di oggetti sontuari, di mobili e di suppellettili evocativi del gusto raffinato di Ferdinando, con opere dei grandi intagliatori, intarsiatori, argentieri allora attivi per la corte.